Dialogo tra un impegnato e un “non so”
da "Una messa in scena posticcia" Edizioni Efesto, 2021
«Non credevo facessi così presto. Ma non lo fumi?»
«Fumarlo in cucina? Sei pazzo. Costringo la coinquilina a fumare fuori al balcone e poi impesto casa con la puzza di sigaro. Non sopporta neanche l’odore, figurati. Lo so che non mi dona, non sono tipo da sigaro io. Ma molti uomini che mi hanno affascinato fumano il sigaro, è diventato un vezzo.»
«Molti uomini tipo… Freud?»
«Anche.»
«Tu sei fissato con Freud.»
«Non lo nascondo. Ma è importante accettare le proprie fissazioni. Ogni nevrosi. Il maestro sarebbe fiero di me.»
«La cultura, la tua arroganza.»
«Guarda che non colleziono più libri come un tempo. Li leggo anche meno.»
«Ne hai sempre letti pochi.»
«Vero. Molti meno di quelli che la gente crede e che si aspetterebbe da uno che fa il mio mestiere.»
«Il sigaro è un surrogato del cazzo, il tuo maestro te lo ha detto questo?»
«Mi piacerebbe succhiare cazzi. Non mi fraintendere, se fossi una donna, intendo. Mi piacerebbe molto.»
«Nessuno te lo impedisce.»
«Me lo impedisce la natura. E la cultura. Non quella letteraria eh. Hai capito quello che intendo, dai, lo sai benissimo anche tu.»
«Succhiare cazzi dovrebbe essere una cosa interessante, lo ammetto. E mi fa ridere. Fra tutte le fortune che abbiamo in fatto di sesso noi uomini questa ci è davvero preclusa. Ma dici che è un discorso da omosessuali? Magari latenti?»
«Sai come la penso.»
«Sì, lo so. Ma non ti si può vedere con quel coso sbavato in bocca. Cos’altro ti piacerebbe fare, sentiamo? E da quando hai cominciato a fumare sigari?»
«Fumare è un parolone. Li compro e li tengo per i momenti importanti della vita. O quelli particolarmente dolorosi. Quando devo prendere una decisione. Quei momenti in cui si è soli. Riflessivi. Capisci?»
«Molti uomini diventano più sexy con un sigaro in bocca. Non è il tuo caso.»
«Ma molti uomini non sanno che è il surrogato di un cazzo e lo fumano talmente di gusto che quasi godono: come stessero facendo un pompino al loro inconscio. O all’inconscio di qualcun altro. Io ho razionalizzato troppo questa cosa. Non sono sensuale, lo ammetto. Non si può essere passionali se mentre stai succhiando un cazzo pensi che stai succhiando un cazzo. Deve essere tutta una cosa naturale, spontanea.»
«Dovresti tenere un corso.»
«Su come si succhia un cazzo?»
«No! Ti ho lasciato perverso e tale ti ritrovo. Un corso su come vivere le cose in maniera più naturale. Più spontanea. Dicono che con i tuoi nuovi studi di psicologia stai svoltando. Sai, anch’io ne avrei bisogno: se tieni un corso ci vengo volentieri.»
«Mi piacciono molto le donne con i piedi curati. E a volte mi piace succhiarli o strofinarci forte le labbra mentre scopo.»
«E che diavolo c’entra questo?!»
«Mi avevi chiesto cos’altro mi piace fare. Ecco! Non fare domande se non vuoi risposte.»
«Sì, ma non piace comunque a moltissimi uomini?»
«Sai bene cosa direbbe il maestro: il piede è un feticcio. È il fottuto cazzo di nostra madre che non abbiamo mai potuto succhiare. Ci siamo sempre dovuti accontentare delle tette, ma quanta miseria.»
«Più si invecchia e più si parla soltanto di sesso.»
«Tu ne parli sempre, però. E non sei così vecchio.»
«Io ne parlo ma in maniera differente.»
«Non mi pare. Sei uguale uguale a me.»
«Sono più romantico.»
«Sei soltanto più coglione.»
«Sentiamo, quand’è l’ultima volta che hai pianto per una donna?»
«Mi pare due anni fa. O forse era l’anno scorso, non ricordo. Comunque il discorso non tiene. Si piange soltanto una volta sul serio, lo sapevi?»
«E questa? In quale altro libro è scritta?»
«Tutti i pianti precedenti sono soltanto prove generali. E i piantarelli che si fanno dopo, per tutte le pollastrelle che amiamo di tanto in tanto, sono stupidi remake. Nulla in confronto all’originale! Ti piace “pollastrelle”? Mi fa molto ridere.»
«È fuori luogo. Facevo un discorso serio.»
«Comunque, sappi che non l’ho letta in nessun libro. Forse la scriverò in un qualche romanzo. Un giorno. Chissà.»
«Si dice che neanche scrivi più?»
«Però ho scritto.»
«Non si scrive soltanto una volta!»
«Su questo ti do ragione.»
«Mica mi vorrai far credere che, come per l’amore e il pianto, esiste soltanto un unico, grande spettacolo pure per la scrittura. E poi basta? Non regge.»
«Infatti non l’ho detto. Ma neppure per l’amore è vera quella cosa.»
«Che intendi?»
«L’amore non muore mica. C’ho sbattuto la testa proprio ultimamente… guarda… lasciamo stare e torniamo al discorso della letteratura: presente quel pezzo di Pessoa…?»
«No no, lascia perdere Pessoa per un attimo! Che stavi dicendo invece? Già ti sei fatto troppo serio. Non dirmi che a trentatré anni ancora non ti ci raccapezzi con queste cose! Mi togli ogni speranza così…»
«E che ci posso fare?»
«Porca puttana però. Dannato il clero! Credevo che avresti… cioè insomma, non ti sono bastate tutte le inculate che hai preso. Lo sai bene tu. Benissimo. Poi uno impara, o no? Quando si cresce. Non si dice così?»
«Ci si innamora sempre. Non ci si capisce mai. Amen. Si cresce, certo. Però è qui che torna il discorso del pianto: non è più un lutto, ci si fa una ragione. Come su ogni cosa. L’amore rimane, non muore mica. Contento? E non muore più nessuno. La nostra anima muore soltanto una volta. Per questo si piange una volta soltanto! E poi, più si invecchia, più si finisce a parlare di sesso. Si pensa a questo. Al corpo, ai piaceri. Più o meno eh. So che ancora non puoi capire, ma capirai.»
«Ennò, non ti riconosco così.»
«Guarda che non ti ho tradito!»
«Sì, no. Ma non ne sono sicuro.»
«Te lo giuro invece. Devi credermi, ti do la mia parola.»
«Sarà sempre la tua contro la mia e non mi pare che diciamo più la stessa cosa io e te! Guarda quanto mi fa incazzare… E non azzardarti a fare quella faccia di merda eh, la faccia di quello che sembra aver finalmente capito tutto e che te lo deve dire per forza. Anzi: che non te lo dice nemmeno più perché tanto tu non potresti capirlo. Cristo! Ma qualcuno ti ha mai detto che hai proprio una faccia di merda?! E togliti quel sigaro, idiota! Ma te lo dicono mai che sei davvero arrogante?»
«Me lo dicono spesso.»
«Per forza!»
«Ed è una cosa che mi fa male. Forse l’unica. Mi dicono arrogante, saccente, mi dicono di tutto. È un cruccio questo. Non capisco una cosa, non la dico. La capisco e non la posso dire comunque. Poi vedi che uno ogni tanto si chiude, manda affanculo tutto e tutti, rimane da solo e si fa una passeggiata col cazzo di sigaro in bocca. Per questo scrivo anche di meno. Che dovrei scrivere? Evito di crogiolarmi nella malinconia. La sento una cosa mia adolescenziale. So che ancora non lo puoi capire.»
«Lo vedi?! Lo stai facendo di nuovo.»
«Lo so, è vero. Ma ti chiedo scusa. Se non posso dirti io queste cose… ti assicuro che non potrai fartele dire mai da nessuno. Ecco, vedi? Rido di nuovo. È più forte di me. Non sono cattivo, sono solo un coglione. A volte.»
«La scrittura era il tuo sogno.»
«Anche la musica lo era.»
«Sì, ma quello non faceva per te.»
«Comunque li ho realizzati entrambi. Per questo dicevo di non averti mai tradito. Certo, è stato tutto diverso da come immaginavo. Ho dovuto fare più di un compromesso… Per carità, non quelli che pensi tu! Di buono c’è che, magari a modo mio, ma sono sempre rimasto un puro: fedele a me stesso e alla parola data. Per questo ci tengo molto. Sono anche più felice di un tempo.»
«Facile così.»
«No invece. Non è stato facile per nulla, e te lo assicuro! Ora non fare tu la parte del coglione, ti prego. Lo so bene che sai essere tanto arrogante quando ti ci metti. Una bella testa di legno. E non fare il permaloso adesso!»
«Non mi sono offeso.»
«Sicuro?»
«Smettila su!»
«Guarda che offendersi non serve davvero a nulla. Fai una cosa, la vuoi fare, e se a qualcun altro non piace… fanculo! È un problema suo, mica mio, mica nostro! Ti diranno cose che… guarda, se mi fossi offeso per tutto quello che mi è stato detto in questi anni, per tutte quelle volte che qualcuno non ha creduto in me o quando gli amici mi hanno tradito… Eccola poi la cosa peggiore che mi è capitata tutta la vita: mi hanno voluto troppo bene. Tutti. Mi hanno riempito tutti di aspettative, di fantasmi, della merda che avevano loro nella testa! E io, bravo fesso di turno, là a non deluderli. A volte un po’ di sana indifferenza mi avrebbe aiutato. Aiuta, credimi.»
«E questa, è la massima delle sei e un quarto?»
«Non mi ti ricordavo tanto cretino sai?»
«Ah scusami, dimentico sempre che adesso sei un uomo di mondo! Però non mi pare di vedere in te tutto ‘sto successo. Ma ti sei visto?! Vivi arrancando d’affitto. Lavori, lavori e lavori soltanto. Non hai uno straccio di donna che ti si fila. Non scopi neanche un granché. E non sai tenere neppure un cazzo di sigaro bello dritto nella bocca!»
«Molto freudiana come cosa.»
«E smettila!»
«Ho pagato molte delle mie scelte, ascolta. Anzi, le ho pagate tutte. Il problema è che ho dovuto pagare anche per cose non mie, ma questo l’ho capito più tardi. Ho sempre pagato, è questa la verità. Anche per farmi ascoltare. Anche per farmi volere bene senza aspettative.»
«E ti dici felice?»
«Mi sento più felice di prima, questo ho detto! Ma spero meno di domani, com’è che si dice?! Ho amato tantissimo, cosa che tu ancora non puoi capire. E anche qui ho pagato le mie scelte. Non è stato facile. Adesso però non mi sento più in credito con nessuno. Né in debito. Certo che ho sbagliato eh, non pensavo neppure io potessi sbagliare così tanto! Fare sempre le cose giuste però è l’errore più grande che si possa commettere. Sì, certo, suona un po’ come una frase fatta. Ma questo puoi capirlo benissimo. Oddio quanto sono noioso…»
«Hai amato tantissimo, hai pagato, va bene. Va bene tutto. Tutto quanto. Ma adesso? Come fai a dire che va bene davvero così? Guardati… tu…»
«Cos’altro vuoi sapere? Che perdo i capelli? Che sto a dieta? Forse vuoi sapere che non frequento nessuna e che leggo la Bibbia.»
«Cazzo, leggi la Bibbia?!»
«Soltanto il Nuovo Testamento. Tranquillo, non mi sono rimbecillito. Pensa che a volte vado addirittura a messa, ma quella pappa non mi serve per starmene più calmo. Non ho trovato la mia strada in Cristo se è quello che ti preoccupa.»
«E per che cosa allora?! Su, non farmi bestemmiare…»
«Mah, non lo so. Per perdonarsi? Per imparare a perdonare anche le cose che ti hanno fatto, che non siamo stati in grado di fare noi e che non potremmo fare più, nonostante tutto l’impegno. Anche nonostante le rinunce, e quei sogni che non abbiamo mai tradito. S’impara a fare questo e pure quello nella vita, ad ascoltare chi non pensavamo avesse nulla da dirci. Non è rassegnazione questa però, te lo dico subito. Ecco un’altra cosa che non mi va proprio giù, che mi fa incazzare da morire! Ho accettato tutto, tutto! E certo che fa male, ma non li vedi i miei occhi? Proprio tu! Non sono lucidi, ma ne possono raccontare di ferite, di amici idioti, di donne amate tantissimo e male. Non mi rassegno mica se le cose non sono come le vorrei. Cristo, lotto per cambiarle ogni giorno! Ma vallo tu a spiegare a quelli che ti devono davvero insegnare le cose, quelli che poi ti danno dell’arrogante quando non li ascolti. Miserabili davvero! Tu però dovresti sapere quanti sacrifici, e quante paure, e quante privazioni. Ho sbagliato, va bene. Sbaglierò ancora. Anche qui: Amen! Adesso però basta farsi la morale. Tu lo sai bene come vivo. Lo vedi. Ma sai davvero cosa faccio per pagarmi le spese? E sai come ho passato le ultime feste di Natale? Lo sai perché non lo sa nessuno? Mi dicono soltanto: Viaggia, scrivi, conosci gente… e io rispondo che ho già viaggiato, ho già scritto, ho già conosciuto gente. E che viaggerò ancora, scriverò ancora, conoscerò tutta la gente che vorrò. Se voglio, e quando voglio. Ma non è più la stessa cosa. Lo capisci, almeno tu? Adesso è tutto diverso. Ma comunque vada, andrà bene così.»
«Cazzo però, la cosa della Bibbia non riesce davvero ad andarmi giù. Tutta quella filosofia, quella letteratura tedesca, russa e francese… È quasi peggio del sigaro, guarda!»
«Sai cos’è che mi ha detto lei l’altra sera? Che non mi sono mai sforzato davvero di comprenderla. Anzi, peggio: che non ho mai voluto. Ma sai un’altra cosa? Non lo so. Forse, è stato davvero così».
(Dio, 23 anni; Dio, 33 anni)