Fruitore Di Nonsense e la lavatrice. Ovvero il “mondo di sotto-sopra”
da "Il fantastico mondo di Fruitore Di Nonsense" Edizioni Efesto, 2017 Elaborazione grafica: graframan.com
In molti hanno sognato o immaginato di vivere in un mondo migliore. A Fruitore Di Nonsense sarebbe bastato vivere in un mondo in cui le camicie si stirano da sole.
Sua maestà tavola da stiro… et voilà!, prima ecco però il giorno fatidico della lavatrice; non è mai un giorno come gli altri. Fruitore divide i bianchi dai colorati, rintraccia l’anima gemella di ogni calzino spaiato, rovescia ogni maglietta da mettere a lavare. Guarda la sedia delle camicie, ammucchiate, piena. Il quarto giorno della lavatrice del mese è quello per lui più complicato perché è quello in cui gli rimangono da pulire le camicie sporche di ben quattro settimane.
Fruitore Di Nonsense riempie il cestello della grande lavatrice A+++ che prende il nome da un vecchio presidente degli Stati Uniti d’America. (No, non quello che per una chiazza di liquido organico ci ha rimesso la Presidenza e la credibilità, e nemmeno quello un po’ abbronzato che qualcun altro avrebbe volentieri voluto smacchiare). Fruitore controlla le etichette dei capi, una a una, dicono occorra pretrattare le macchie a mano strofinando non troppo energicamente con sapone di Marsiglia, lo fa. Che poi questi francesi, avvezzi a ruberie di gioconde da tutto il mondo, rubarono pure la ricetta originale del sapone (olio di oliva, soda, foglie di alloro) dalla città bella di Aleppo, in Siria (una papabile chiave di lettura per le tensioni politiche di questi ultimi tempi).
Fruitore regola la temperatura a quaranta gradi, sceglie il detersivo e l’ammorbidente più adatti, aziona il macchinario, si mette seduto ad aspettare sul bidè (bidè che i cari galletti invece non rubarono in quanto, per una volta, qualcosa la inventarono loro, ufficialmente, carolingiamente, con fare bonapartesco, dati alla mano. Ed è forse per questo che quei Lupin non se ne fregiano mai, né mai lo hanno utilizzato).
La lavatrice lava, risciacqua e centrifuga mentre Fruitore rimane per tutto il tempo a osservarla, ipnotizzato dal rumore e dal movimento dell’oblò. Poi, finalmente, click. La luce da verde diventa rossa e ritorna verde di nuovo. Compare la scritta “THE END”. Fruitore Di Nonsense apre allora lo sportello della lavatrice ma con sua somma sorpresa… i panni non ci sono. Non ci sono più. Nessuno. Anzi, soltanto uno: una vecchia mimetica rosa con un bigliettino: “Questa te la metti tu”. Fruitore trasale, sobbalza e sussulta. Tre azioni identiche nello stesso istante che ne fanno una. Afferra quella mimetica e infila la testa nell’oblò per vederci più chiaro, direi, più pulito. Un errore da non commettere mai e poi mai. (Che questi racconti possano almeno avere un valore pedagogico. Ricordatevi: non mettete mai la testa nell’oblò di una lavatrice! Soprattutto voi, bambini). Perché questo è quello che può capitarvi:
Fruitore infila la testa nella lavatrice e… ciaf, splash, scrosssh, sciacquh,un’onda lo travolge, lo trascina e lo scaraventa all’interno dell’oblò. Nemmeno il tempo di rendersene conto, Fruitore Di Nonsense naufraga in un mondo diverso, forse un mondo migliore, il “mondo di sotto-sopra”. La sua prima reazione naturale è quella di sgomento. Forse avrà dormito male, pensa. O mangiato peggio. Ma come sarà stato possibile tutto questo?, continua a chiedersi. Reincarnazione? Archetipi junghiani? Peperonata? Subito prova ad alzarsi ma non ci riesce, finisce per scrutare da piedi a capo uno strano ometto che lo accoglie camminando con le palme delle mani sulla terra e le gambe all’aria.
«Perché cammini capovolto?», gli domanda con un’espressione confusa e anche un po’ spaventata.
Quello però lo fissa e non risponde.
«Perché cammini alla rovescia? Al contrario?»
Stavolta lo strano tizio sembra aver capito e sta quasi per cianciare. In effetti blatera qualcosa, emette un rumore flebile. Poi fa un gesto con le anche simile alle nostre spallucce, quasi scusandosi per non essere in grado di rispondere adeguatamente.
Allora Fruitore ha come un lampo di genio e ricordandosi del suo apprendistato Jedi presso l’Università della Forza prova a riformulare la domanda in un modo più confacente al tizio e alla situazione:
«Capovolto perché cammini?»
Quello sorride sopra i baffi.
«Di Nonsense Fruitore. Qua il mondo diverso vedrai. Punto di vista sulle cose cambierai. Più saggio tornerai»
Fruitore non sembra colpito da quella tiritera.
«D’accordo, ma in tutto questo mutatis mutandis… dov’è che sono finite le mie mutande? Dove le mutande sono? E i pantaloni?»
«Qui è dove si sistemano le cose, Fruitore. Non ti agitare! Abituato tu sei a lasciare nel cestello panni sozzi, imbrattati e luridi di chissà quale sostanza e umore. Noi qui li raccogliamo e te li facciamo ritrovare puliti. Cosicché tu possa inzaccherarli di nuovo. Di grasso, vinavil, ketchup, vino scarlatto e scadente. A tuo piacimento completo», fa una specie di ghigno.
«È dunque così che funziona una lavatrice? E funzionerebbe lo stesso anche se cambiassi tipo di detersivo o ammorbidente?»
«Certo. Anche senza pulenti di alcun tipo»
«Che dici? E allora perché ce li fanno comprare?»
«Le lobby dei detergenti. Mai sentito parlarne hai?»
«Tu mi stai prendendo per il fondello dei calzoni. Tutto questo non ha senso. Anzi, senso tutto questo non ha»
«Abituato tu sei a fare qualcosa, a compiere azioni soltanto per mero interesse forse. Per qualcosa in cambio da avere. Ma noi già qui siamo padroni del cielo, lo tocchiamo coi piedi e non abbiamo bisogno di fare le cose per poi avere una ricompensa. Se troviamo panni sporchi, noi li laviamo. Come fossimo una grande famiglia»
«E non li sporcate?»
«Che razza di domande fai. Noi qui prima laviamo i nostri calzoni e le nostre camicie e poi li utilizziamo. Mica il contrario, come fate voi. Questo è il migliore dei mondi possibili, Fruitore, è il sogno di Benjamin Button. Nel vostro mi sa tanto che tutto stia andando un po’ alla rovescia»
«Ma senti chi parla. Anzi, parla chi senti. Anzi, parli che senta. Ahhhh! Mi stai facendo impazzire…»
«O forse sei tu il pazzo che parla con me?», lo dice quasi come una cantilena. Poi prova a essere più convincente, «Noi, qui, prima prendiamo lo stipendio, e dopo ce lo godiamo. Poi, soltanto poi, lavoriamo. E se ci innamoriamo di qualcuno, prima stiamo con lui o con lei per tutta la vita, e poi semmai ci promettiamo eterno amore. E se invece spuntasse qualche tipo di strano dittatore, noi lo appenderemmo sottosopra prima che faccia qualche danno. Mica dopo, come avete fatto voi»
«In effetti non tutti i torti hai», Fruitore sembra già più convinto, «Adesso che tornerò nel mio mondo proverò a raccontare questa storia a tutti. Ci sarà qualcuno che mi darà retta. Finalmente riusciremo a far girare le cose per il verso giusto anche noi»
«Impossibile. Troppo entusiasmo. STOP FRUITORE!»
«Perché impossibile?»
«Perché nel giusto mondo in cui siamo, le cose prima si ricordano e dopo si vivono. Questo per essere sempre incantati, stupiti. Per vivere nuove esperienze ogni giorno. Giorno dopo giorno. Per non perdere mai la meraviglia! Io, ad esempio, proprio ieri mi sono ricordato di averti incontrato. E infatti, ora, eccoci qui»
«Dunque non ricorderò nulla? Neppure le tue parole?»
«Ma che importanza pensi che abbia il ricordare? No, Fruitore, non le ricorderai. L’essenziale è che tu tutto questo l’abbia vissuto, questo giro nel mondo che gira per il verso giusto. E visto che sicuramente ora starai per chiedermelo, ti rispondo: tutti i tuoi panni puliti sono già nel cestello. Prego, grazie»
«Ah, perché qui prima si danno le risposte e poi si fanno le domande?»
«Che ti aspetti? Le persone hanno bisogno di risposte, mica di domande. Nel nostro mondo, il mondo migliore, noi diamo la precedenza alle cose più importanti. Non condividi?»
«Questa però è una domanda! Dovrei risponderti…»
«Ma già lo hai fatto. Prova ora a rileggere tutto il nostro dialogo al contrario… E visto che siamo finalmente alla fine e che già ci conosciamo, mi presento: piacere, Fruitore Di Nonsense, sono Robert Trebor. Ma per gli amici Reinier».
Fruitore gli afferra l’alluce del piede per salutarlo facendo il classico gesto di congedo. Titubante, si volta verso una specie di cestello che era intanto comparso dietro di lui. Prima di entrare per ritornarsene indietro, prova a domandare per un’ultima volta scandendo le parole in una perfetta consecutio conduttivo più congiunzionale:
«Dunque domani non mi ricorderò… più di nulla? Delle tue parole, di tutto questo? Allora a cosa è servito venire fin qua?»
Quello si volta, gli dà la nuca e risponde:
«Vedi, Fruitore, non ti è mai capitato di togliere una camicia dalla lavatrice dopo il lavaggio e non vederla perfettamente smacchiata? Magari quegli aloni tremendi e puzzolosi che si formano sotto le ascelle sudate»
«Vuoi dire che…»
«Esatto, quello dipende da noi. Ma da domani metterai a lavare le camicie rigirandole sempre per il verso giusto».