Fruitore Di Nonsense impara ad andare in bicicletta per la seconda volta

da "Il fantastico mondo di Fruitore Di Nonsense"
Edizioni Efesto, 2017
Elaborazione grafica: graframan.com

Il giorno in cui Fruitore Di Nonsense perse la cosa più cara che aveva nella vita, prese la bicicletta, scese in strada e cominciò a pedalare.

Era una bambola di pezza. L’aveva trovata quattro anni prima in una discarica accanto a un pacco di rifiuti. Era stato un giorno qualunque, uno di quelli da cui dipende ogni altro giorno futuro. Fruitore Di Nonsense, allora, non ricordava ancora di sapere andare in bicicletta (perché soltanto un anno più tardi la bambola di pezza gli rammentò che, una volta imparati, di andare in bici non si ci scorda) ma camminando aveva intravisto qualcosa di lucente in mezzo allo schifo sudicio di quel pattume.

            Due bottoni per occhi, capelli lunghi e lisci, rossi, un po’ impolverati. Un sorriso grande, un cuore di stoffa incantevole. Ciò nonostante, quella bambola di pezza aveva gambe e mani rovinate; magari fu proprio per questo che qualcuno, sconsideratamente, aveva deciso di privarsene. Fruitore sollevò quell’inaspettata meraviglia dal pattume, e con una mano levò quel poco di sozzura che le macchiava la faccia, fissò lo sguardo torvo di bottone. “Sei proprio bellissima”, pensò immediatamente, “La bambolina di pezza più bella che io abbia mai visto”. Finì quasi per dirglielo, lo credeva davvero, mica aveva bisogno di attaccarle un altro bottone!

            La portò con sé, nella sua casa minuscola che diventò abbastanza accogliente per tutti e due. Da quel giorno, fino al giorno in cui si persero per sempre, Fruitore Di Nonsense e la bellissima bambola di pezza stettero sempre insieme. Lui le rammendò con qualche toppa le gambe bianche di seta. Tuttavia la bambolina ebbe sempre qualche difficoltà a stare in piedi da sola. Per questo, Fruitore aggiustò con ancora maggiore dedizione il suo polso sdrucito, per poterla tenere per mano, per sorreggerla, quando le sue gambe rammendate non riuscivano a sostenere il peso del suo grande cuore di stoffa, dei capelli rossi di lana e degli occhi belli di bottone. La teneva sempre accanto a sé, mentre mangiava, mentre studiava la Nonsensologia, mentre lavorava al suo grande progetto di una casa gialla volante (il problema rimaneva sempre lo scarico, prima o poi, ne era sicuro, lo avrebbe risolto).

            Quando usciva e non poteva portarsela dietro, Fruitore poggiava la sua amata bambolina ogni volta su uno scaffale diverso, affinché lei potesse vedere il mondo sempre da una prospettiva differente, dai suoi occhi neri di bottone. Comunque le raccontava tutto quando ritornava a casa, anche quando era troppo stanco per il resto, e tante notti lui si addormentava tenendosela stretta stretta nel suo letto grande come una fetta biscottata. Tanto lei era piccola, non dava impaccio.

            «Perché non mi porti con te, perché non andiamo mai in bici?», sembrò dirgli un giorno. Fruitore Di Nonsense la guardava e non aveva il coraggio di risponderle. «Perché non ci so più andare. E poi ho paura. Una volta, quando ero bambino, sono caduto inciampando con una ruota su un sorbetto di limone. Da quel tempo ho il naso grande come una foglia di platano. Guarda!». La bambola di pezza sorrideva sempre, ma quando lui le parlava con quel tono sembrava addirittura potesse ridere.

            Il giorno in cui Fruitore Di Nonsense perse la cosa più bella che aveva nella vita, prese la bicicletta, scese in strada e cominciò a pedalare.

            Pedalava con rabbia, senza meta, senza direzione. Oltrepassò il fiume, e anche la stazione. Schivava buche, faceva il filo alle macchine e ai pedoni. Tutto per quell’unico filo di stoffa, che stringeva tra le mani. Quello che solo gli rimaneva di lei, la bambola di pezza che aveva chiamato sua.

            Uscì fuori dalla pista ciclabile, quel percorso per lui così obbligato, pedalando come non aveva mai pedalato prima. Lungo la strada aveva visto altre bambole di pezza: infagottate di raso, profumate di Chanel, agghindate di chiffon. Ma non le guardava, non gli importava, sapeva che nessuna sarebbe stata bella come la sua bambolina dolcemente rammendata. Nessuna avrebbe mai potuto guardarlo con gli stessi bottoni nero lucenti. C’erano palazzi storti e dorati, e lui pedalava. Cancelli chiusi sul cuore della gente, e lui pedalava. C’erano scalinate verso il cielo, botole che portavano dritte dritte all’inferno. Fruitore non smetteva comunque di pedalare. Mani, braccia, frutta secca, stralci di rami, pacchi di caffè liofilizzato. Fotografie di matrimoni finiti male. Catene. Guinzagli. La città era piena di tutto. Vecchie riviste pornografiche, libri di cucina macrobiotica, lettere d’amore scritte e mai spedite. Denti, carogne, serpenti. Tavole da stiro, qualcuno vestito in tiro con l’arco, lavastoviglie, scarpe diventate troppo strette. Tutto abbandonato un po’ ovunque.

            Fruitore pedalava, pedalava ancora, pedalava forte, pedalava su tutto ciò di cui non frega mai a nessuno. Oggetti gettati e soggetti smarriti. Ecco, sì. Appunto. Smarriti. Smarrita. Dov’era?! Dov’era finita? Dov’era finita la sua bambolina, l’unica che aveva davvero amato in tutta la vita?! Fruitore pedalava con affanno e piangeva forte. Finché le lacrime non gli si attaccarono al viso e il vento non le impresse ancora più profondamente nella sua anima.

            La bambola di pezza bellissima non c’era più. E forse capì in quel momento che non l’avrebbe mai più rivista, proprio mentre cercava, invano, tra le stesse carcasse di rifiuti in cui l’aveva trovata la prima volta.

            Non sapeva proprio spiegarselo. Era tornato a casa e lei non c’era. Forse aveva dimenticato la porta aperta… e lei aveva provato a uscire, a camminare, finalmente, da sola. Solo sulle sue gambe. O forse, più probabilmente, aveva incontrato quel vecchio diavolo che di mestiere afferra e butta via le cose come niente. Lo stesso che l’aveva cestinata un tempo. Fruitore, comunque, non smise più di pedalare. Anche se si accorgeva che era un finale senza senso.

24 luglio 2016, A Pi

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